La Beata Chiara da Rimini riceve la Regola

La Beata Chiara da Rimini riceve la Regola La Beata Chiara da Rimini riceve la Regola
Luca e Francesco Longhi, "La Beata Chiara da Rimini riceve la Regola"
Il quadro, oggi conservato in una parete del transetto sinistro della concattedrale e restaurato da Tilde Di Giacinto e Pietro Tranchina sotto la direzione della Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici di Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna, proviene dalla chiesa riminese di Santa Maria degli Angeli, soppressa nel 1810 (Gori, 2001) e fu ricollocato presso la chiesa cervese in data ignota.

Dipinto nel 1568, rappresenta il debutto di un giovane Francesco Longhi (Fabbri, 2007), fratello di Barbara, nonché figlio del noto pittore ravennate Luca, capostipite di una delle più significative botteghe pittoriche che la Romagna abbia prodotto a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Sebbene originariamente il quadro fu attribuito al solo Francesco, i più recenti contributi degli studiosi hanno giustamente rilevato come sia evidente il contributo del più esperto Luca nella raffigurazione dei personaggi in primo piano, mentre al figlio Francesco spetterebbe con sicurezza la realizzazione dell’apparato architettonico dal gusto classicheggiante. Chiara da Rimini (talvolta indicata come Chiara degli Agolanti), vissuta a cavallo tra XIII e XIV secolo, fu una nobildonna riminese che secondo la tradizione condusse una giovinezza dissoluta. In seguito a importanti lutti in famiglia, Chiara conobbe una forte conversione e scelse di prendere i voti dapprima presso il Terzo Ordine Francescano, per poi aderire all’ordine delle monache Clarisse. Figura carismatica, fu particolarmente venerata per la sua devozione e per la sua dedizione all’assistenza degli ultimi. Nel dipinto, la beata è raffigurata in posizione genuflessa, all’ingresso del convento, di fronte alla figura di un giovane San Giovanni Evangelista di chiara matrice longhiana, il quale le porge la regola dell’ordine, al cospetto di Cristo, immortalato nel gesto benedicente. La composizione, la fisicità statuaria delle figure, lo scorcio architettonico-paesaggistico energicamente proiettato in profondità e la tenera luminosità dei colori rimandano senza dubbi all’adesione da parte di Luca e Francesco Longhi alla poetica del manierismo emiliano (bolognese in particolar modo), con influenze derivanti dalla pittura toscana (Bentini, 1985; Viroli, 2000). "

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